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Cosa sono i TRIGGER POINTS?

Spesso vengono definite così una grande quantità di patologie muscolari che presentano dolore continuo, associato a contrattura, limitazione funzionale ed occasionalmente anche formicolio.

I Trigger Points che tradotto sono “Punti grilletto” sono delle aree estremamente sensibili, localizzate in uno o più muscoli e a volte estese anche al tessuto connettivo circostante che, alla palpazione, sono riconoscibili come una zona di muscolo indurita e dolente. La digitopressione su questi punti è fonte di dolore.

Un trigger point può essere presente nelle seguenti sedi: muscolo, giunzioni muscolo-tendinee, cute, periostio (membrana di tessuto connettivo che riveste totalmente le ossa), cicatrici, legamenti, capsule articolari, fasce neuromuscolari.

I Trigger Points si possono classificare in due sottogruppi:
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  1.      Trigger point attivo: E’ attivo quando si accusa un dolore continuo sia a riposo che in movimento e la cui digitopressione è in grado di evocare dolore associato a disfunzioni del muscolo interessato. Più frequenti nei muscoli posturali del collo, dei cingoli scapolari e pelvico, e nei muscoli masticatori.
  2.     Trigger point latente: rimane una zona contratta ma priva dal punto di vista del dolore che comunque può causare limitazioni della mobilità e debolezza del muscolo colpito. Possono perdurare per anni dopo un’apparente guarigione.

Innanzitutto il trigger point possiede delle caratteristiche particolari che lo differenziano da altre problematiche muscolo-scheletriche che ne permettono la rilevazione. Infatti si presenta con dolore acuto alla compressione ed è localizzabile nel muscolo contratto in un punto ben preciso, ben riscontrabile alla palpazione; presenta dolore che scaturisce dall'allungamento del muscolo o dalla contrazione del muscolo interessato. Inoltre presenta limitazione del range di movimento articolare quando viene allungato il muscolo con trigger e spesso viene accompagnato da dolore riferito in altre zone specifiche per ogni muscolo colpito.

Tutti questi motivi permettono di valutare in modo oggettivo la presenza di punti grilletto.

Perchè si formano i punti Trigger?

Generalmente un punto trigger si forma in risposta a stimoli precisi come ad esempio un sovraccarico acuto della muscolatura; dopo attività fisiche o posture protratte per lungo tempo nelle quali il muscolo colpito è stato mantenuto in costante accorciamento. Può anche essere generato da un trauma diretto o da un “colpo di freddo” che irrigidisce e contrae in maniera anomala il muscolo.

A scatenare il dolore e a renderlo cronico nel tempo contribuiscono anche fattori come lo stress psicofisico, il mancato riposo e le infezioni virali. Altro fattore da non sottovalutare poiché fonte di contratture sono le posture errate mantenute durante il lavoro e le cattive posture in genere poiché tendono a creare tensioni muscolari che si protraggono nel tempo causando spesso trigger che cronicizzano in trigger latenti. Caratteristica tipica del trigger point è infatti anche quella di attivarsi e disattivarsi a seconda dei periodi e dei fattori scatenanti. La fine del dolore spesso non coincide con la risoluzione del trigger point, bensì solo con la sua disattivazione (trigger latente dolorante solo alla palpazione).

Dove si trovano i punti Trigger?

trigger point possono teoricamente crearsi in ogni muscolo del corpo come in una mappa ma nella realtà esistono muscoli che con maggiore frequenza ne ospitano uno. Questi muscoli sono quelli della zona cervicale e lombare. Sono infatti queste le regioni anatomiche più soggette al sovraccarico quotidiano e alle posture errate mantenute al lavoro. I muscoli più colpiti sono il muscolo trapezio superiore, l’elevatore della scapola, lo sternocleidomastoideo, il quadrato dei lombi e il piriforme.

Ognuno di questi muscoli possiede delle specifiche aree nelle quali può dar vita a dolore riferito. Questa caratteristica dei trigger point è spesso responsabile di diagnosi e trattamenti errati nei confronti di strutture prive di alterazioni. Un esempio classico è il muscolo sternocleidomastoideo, il cui trigger point può riferire dolore alla testa e intorno agli occhi, generando sintomi che spesso sono fraintesi e affrontati erroneamente con approcci di tipo neurologico o oculistico. Generalmente la palpazione del punto trigger e la sua compressione scatena sia i sintomi a livello locale, sia i sintomi riferiti, facendo luce sulla reale causa del dolore.

Come curarli?

L’approccio tipicamente consigliato è quello fisioterapico basato essenzialmente su tre fasi fondamentali:

  1. il colloquio iniziale col paziente e la valutazione funzionale che permetterà di individuare il trigger point e le sue cause scatenanti;
  2. il trattamento vero e proprio basato principalmente sul massaggio mio-fasciale, sulla mobilizzazione e sullo stretching dolce del muscolo interessato (anche se vedremo altri metodi per trattarli);
  3. l’educazione del paziente all’auto-trattamento e all’eliminazione delle cause scatenanti.

Andiamo a vedere nello specifico come è possibile trattare i punti trigger:

Tecnica della Compressione ischemica o Digito pressione: è la modalità più veloce e la più utilizzata. Dopo che si è individuata la banda tesa, si tiene premuto, andando a ricercare una ischemia temporanea nella zona, mantenendo fino a che il dolore non si è ridotto dell’80%. Tale manovra si può riproporre altre 2-3 volte al fine di insistere maggiormente sull’area, e al termine si ripete il test per vedere se c’è stato un cambiamento nella sintomatologia. È una delle tecniche manuali più facili e più immediate. Di contro è faticosa per il terapista, provoca dolore al paziente e non sempre risolve definitivamente il problema. Fondamentale sarà individuare il tp corretto rispetto al latente che invece causa solo la disfunzione indolore nel muscolo colpito e può rimanere in questo stato  silente per anni ed essere improvvisamente riattivato da traumi da sovraccarico eccessivo da stiramento muscolare acuto, da squilibri posturali o altro.

Massaggio: è spesso abbinato alle tecniche di digitopressione per preparare i tessuti e rendere maggiormente efficace il trattamento. Permette di manipolare il tessuto muscolare nella sua totalità, e proprio l’ampia area trattata senza una specificità permette a volte di risolvere il problema, e a volte di non essere efficace se non si effettua da mani sapienti. Come regola generale il massaggio non deve provocare dolore eccessivo ma più un fastidio che il paziente riferisce come un “dolore piacevole”.  Sarà fondamentale l’esperienza del terapista nello scegliere la zona oggetto del massaggio per poter rendere efficace il trattamento così da distendere la banda tesa ed eliminare la sintomatologia dolorosa.

Tecnica dello Stretch and Spray: Individuato il muscolo disfunzionale, si pone il muscolo in allungamento, e una volta raggiunto il massimo grado di allungamento si passa per qualche secondo uno spray freddo (ghiaccio spray). Al termine si riporta dolcemente in accorciamento. Va eseguita molto bene, e sopratutto deve essere chiaro al terapista come allungare il muscolo senza provocare dolore e quindi necessita di un esame approfondito per considerare al meglio come trattare la disfunzione con questa tecnica.

Contrazione e Rilascio: si chiede una contrazione del muscolo antagonista a quello disfunzionale, cercando di ottenere un rilasciamento del muscolo disfunzionale

Dry needling: tecnica molto utilizzata nel mondo, meno in Italia, può essere utilizzato solo da medici in quanto prevede l’inserimento di un ago sottilissimo (grande come quello dell’agopuntura per intenderci), con l’obiettivo di centrare la banda fibrosa, e letteralmente romperla.

Foam roller: Importata come strumento fitness dagli Stati Uniti, parliamo di un cilindro compatto, con uno strato gommoso come rivestimento. In commercio si trovano Foam Roller con superfici anche particolari, che hanno come obiettivo di utilizzo, un automassaggio su una determinata area, lavorando non sulla qualità, ovvero sul singolo punto, ma lavorando globalmente, sperando quindi di dare un movimento al tessuto connettivo e automassaggiare la muscolatura. Usato in maniera assidua e dopo un allenamento ha parecchi evidenze positive, e anzi va inteso come un ottimo compendio da dare al paziente a casa. Sfruttando questa metodologia vi mostrerò com’è possibile, anche attraverso l’utilizzo di una pallina da tennis 🎾 o di una pallina da golf o pallina riccio, rilevare e trattare in autonomia alcuni fra i punti trigger maggiormente attivi.

Laserterapia: il Laser è un validissimo aiuto nel trattamento. Bastano pochi minuti per letteralmente dissipare un trigger. Ha lo svantaggio di poter essere utilizzato solo per punti superficiali in quanto  non riesce a penetrare nel tessuto profondo.

Tecarterapia: molto utilizzata in quanto grazie alla sua azione termica e di vasodilatazione riesce a rendere molto più facile il trattamento manuale ed inoltre è modulabile in base alla profondità del trigger tra modalità capacitiva (più superficiale) e resistiva (più profonda).

Concludendo è consigliabile un periodo di riposo dalle attività e dai carichi, senza immobilizzare la zona ma riprendendo con gradualità e dolcezza i movimenti lungo tutti i piani delle articolazioni irrigidite dalla contrattura.

 

 

A cura di Valerio Gamondi

RIABILITY CONSIGLIA: L’auto-trattamento consigliato è il massaggio per contrattura trasversale e longitudinale lungo il decorso del muscolo colpito sotto un getto di acqua calda anche in posizione di allungamento passivo oppure come vi mostrerò fra poco nel video sottostante attraverso l’utilizzo di una pallina da tennis, da golf o una pallina riccio.

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